Avevo scritto in origine tutta una introduzione a questo post cercando di contestualizzare il mio discorso. Ho riletto tutto da bravo revisore e mi sono detto “ma che cazzo hai scritto, stolto di un blogger che non sei altro?”.
Coca-Cola.
Partiamo da qui, è più che sufficiente per darti tutte le informazioni necessarie a capire di cosa si parlerà in questo inutile e noioso articolo.
Sorvolerò bellamente su tutte le vicissitudini che hanno portato questo intruglio medicamentoso del Dottor Pemberton (che poi non era neanche dottore, e forse neanche farmacista) alla leggenda. E’ pieno di informazioni più esaustive in giro per l’internetsfera.
Quello di cui voglio parlare non è il prodotto, bensì alcune cose interessanti su uno dei progetti di marketing meglio riusciti di sempre (se escludiamo le religioni).
Iniziamo con l’offrire uno spunto di riflessione per i miei amici designers sempre alla ricerca dell’ Ottimo Comunicativo.
Il logo Coca Cola fu disegnato da Frank Mason Robinson, un commercialista con il pallino della grafica. Si approcciò al problema come qualunque non creativo si approccerebbe ad un lavoro creativo: massimizzare il tempo impiegato, sollazzare il proprio ego, creare uno strumento indispensabile per la riconoscibilità di un prodotto (che allora era lontano anni luce dal diventare quello che è oggi).
evoluzione dei loghi di Coca Cola e del suo principale competitor, Pepsi.
Zero innovazione, nessuna valutazione strategica, poco progetto grafico. Semplicemente un ritocco dello script style Spencerian di Platt Rogers Spencer, lo standard calligrafico più diffuso in America fino al 1925. Se il signor Robinson fosse nato oggi probabilmente avrebbe usato Helvetica (ops, pardon, Arial).
1886-2013…sono 127 anni! Il logo più famoso della storia fu disegnato da un commercialista! E’ come se un criminale diventasse rappresentante del popolo per 20 anni! pressochè impossibile.
Parto da questa cosa del logo per trastullarmi con alcune domande, tipo: è nato prima l’uovo o la gallina?
Quella di Robinson è stata una botta di culo siderale nell’azzeccare il logo oppure è stata la scalpitante industria di Atlanta a risucchiare il marchio nel proprio turbine di successo, rendendolo quindi un’icona? Sono sicuro che se avessi più voglia di fare troverei un sacco di libri interessanti a proposito, ma sono un fiero ignorante e anche un po’ arrogante e quindi continuerò con il mio ragionamento senza neppure prendere in considerazione che stia scrivendo cazzate.
Si, ma quanto può essere influente un marchio? Quanto è forte la capacità critica del consumatore? Chi controlla chi? A questo proposito la Coca Cola è di nuovo esemplificativa dei paradigmi tipici della nostra era, quella della comunicazione.
pubblicità Coca Cola del 1926 con lo slogan del 1904 “Drink Coca Cola – delicious and refreshing”
Negli anni ’80 Coca Cola Company si trovò con un brutto mastino attaccato alle chiappe, questo mastino di nome Pepsi stava lentamente erodendo l’egemonia della bibita di Pemberton, ormai diventata patrimonio popolare di un’America ruggente che cercava di mettere insieme un po’ di identità culturale con la costruzione di un Mondo nuovo.
Pepsi intercettò in modo geniale quella fascia di pubblico più disposta ad abbandonare la tradizione in favore di un’immagine trasversale, i giovani. “Pepsi, the choice of a new generation” recitava uno degli spot pubblicitari più famosi della storia.
Michael Jackson, testimonial di uno degli spot pubblicitari più famosi di sempre. Regia Bob Giraldi
Ecco, questo a Coca Cola proprio non andava giù. Che un pifferaio magico di New Bern, North Carolina le portasse via i ragazzi proprio non lo poteva sopportare.
E allora in gran segreto venne deciso di cambiare la ricetta e di accompagnare il lancio con una campagna pubblicitaria mastodontica, Coca Cola si sarebbe scrollata di dosso quell’immagine rassicurante sì, ma ormai un po’ datata, ed avrebbe riconquistato il mercato dei soft drinks!
Il risultato? Uno schiaffo talmente sonoro che rimbombò nei corridoi di Wall Street per mesi.
Come osavano i cervelloni lassù cambiare la bibita che aveva rinfrescato innumerevoli, afose serate al drive in? Che aveva dissetato intere famiglie in vacanza al lago Tahoe? Che aveva donato sollievo gli operai addetti alla manutenzione della State Route 127, nella Death Valley?Soprattutto come osavano voltare le spalle ai ricordi di milioni di americani figli dei veterani della WWII, che erano cresciuti con il dogma della Coca Cola?
Semplicemente non si può.
Roberto Goizueta brinda felice, ignaro del fatto che stia festeggiando quello che sarà uno dei maggiori flop della storia
Gli esperti di marketing non avevano tenuto conto che c’è un limite oltre il quale non si può manipolare l’opinione del consumatore. Se per anni Coca Cola aveva sapientemente fidelizzato il pubblico con geniali mosse pubblicitarie, ora c’era un prezzo da pagare. Avevano fatto talmente bene il loro lavoro che adesso non solo il consumatore tipo rifiutava altri brand, ma addirittura rifiutava di accettare qualunque cambiamento in quello che era diventato un simbolo americano.
Cosa accadde: Roberto Goizueta, allora CEO di Coca Cola passò alla storia come il peggior manager di sempre, l’America si mobilitò per boicottare la nuova Coke (con tanto di sit-in e veglie di preghiera), vennero fondate associazioni tipo la “Old Cola Drinkers Of America”, Pepsi Comprò una pagina intera del New York Times per annunciare che aveva vinto l’epica battaglia della Cola e proclamò un giorno di vacanza per tutti i dipendenti…e Coca Cola? Ebbe pochi attimi per leccarsi le ferite e poi via a rimettere in produzione la “vecchia” bevanda, nella speranza di riuscire a riguadagnare mercato.
Qualcuno insinuò che tutto questo circo era stato in realtà pianificato a tavolino, io non ci credo, mi piace pensare che anche i migliori, i più esperti, ogni tanto sbaglino.
Lo so, alle persone dotate di una mente stabile tutti questi discorsi lasciano indifferenti, ma io sono malato, evidentemente ho dei problemi, non riesco a fare finta di niente quando vedo certe cose, perché questa è la nostra storia recente. Anche se non mi piace.
Questa nostra storia è fatta di milioni di tonnellate di prodotti, di migliaia di chilometri di distanza, di miliardi di dollari, di milioni di persone. Nulla è mai stato così grande e questo mi fa paura. Non lo so, se dovessi naufragare nell’oceano preferirei essere su una barchetta da solo con il mio salvagente che sul Titanic con alcune scialuppe piene e altre vuote e nessuno che sa cosa fare.
Purtroppo però la nostra storia si scrive solo in piccola parte con le guerre, ora si scrive nei libri contabili, nei contratti di sfruttamento delle risorse minerarie, nelle Borse dei titoli azionari, nei brevetti…
A proposito di brevetti, andate sul sito della United States Patent and Trademark Office, cercate il Trademark Status & Document Retrieval (TSDR) e immettete l’US Serial number 74611507.
Incredibile vero? Milioni di dollari tutelati da una silhouette!
Marylin Monroe beve da una “contour” sul set de “Gli uomini preferiscono le bionde” – Ed Clark 1953